La conferenza

La conferenza è partita lentina, dopo che già era iniziata in ritardo. Ma queste conferenze che non trattano di scienze esatte possono e anzi devono cominciare in ritardo. Direi di più: che è un loro diritto. O per buttarla sul biologico, la loro stessa natura. E’ cominciata lentina e io mi sono interessato ad osservare una zanzara che si posava sul collo dello spettatore che mi sedeva di fronte. L’ho osservata nel suo planare, nel suo posarsi sull’epidermide e nel suo perforarla. Nel suo ingrossarsi di sangue, nel suo mutare e questa metamorfosi è stata niente affatto lenta. Poi è volata via e io non sono intervenuto. Non sono intervenuto alla conferenza e non sono intervenuto a scacciare la zanzara. Era una zanzara avanguardista di questa estate che arriva, talmente avanguardista che c’è da chiedersi, con Nietzsche, se non fosse tragicamente in ritardo. Era una conferenza di filosofia, del resto.

Tra le fila del pubblico gli elementi di interesse erano, oltre alla summenzionata zanzara, due persone. Il primo, sulla destra, un caratterista nel ruolo del disturbatore o dell’antipolitico o anticonferenziere che è poi lo stesso. Un uomo capitato là per caso, un burino, brizzolato che si accompagnava ad una donna che non mostrava mai il suo volto. L’uomo era oggetto di sguardi obliqui da parte degli altri spettatori e di me stesso: sguardi diversi tra loro: sguardi di rimprovero o semplicemente di pura e semplice curiosità, per la sua scarsa attitudine a comportarsi in quella situazione, con i suoi commenti a voce altissima e baritonale. Ne riporto uno, che mi è sembrato emblematico. L’orante parlava di morte, confrontando la posizione heideggeriana con quella blanchottiana e il suo commento, il commento del caratterista, è stato: Tristissimo. Che cosa, mi domando ora. La morte? Il suo approccio fenomenologico non è stato preso in considerazione dai conferenzieri. E perché al maschile? Perché non tristissima? Lui, il caratterista, degli sguardi ostili se ne fotteva e poi è andato via con la donna che sembrava essere molto fiera del suo uomo e delle attenzioni che riceveva. Da dire anche che il primo orante, professore navigato e tendente alla lentezza, era totalmente indifferente a questo rumoreggiare, mentre il secondo orante forse è rimasto un pò perplesso da tanto poco tatto, scorgendovi qualcosa in più. Forse una nota sublime. Non lo so, ma lo sospetto. Forse ci ha visto del Pasolini o addirittura del nietzscheanesimo. Del resto è stato un attimo, ripeto, prima della sua discreta uscita di scena.

L’altro elemento d’interesse era un secondo caratterista, questo seduto alla mia sinistra. Il suo ruolo era quello dell’eclettico e, come poi sarebbe emerso, del passionale. Sempre in seguito sarebbe venuto fuori il suo essere un abituè a quelle conferenze e che si chiamava A. poiché l’orante lo conosceva e lo chiamava per nome proprio. Era un signore anziano, con dei capelli bianchi lunghi, una barba pure bianca e un basco nero in testa. Dei sandali ai piedi. Non brutti, tra l’altro, che è una cosa non scontata per dei sandali. Tra le altre particolarità il suo riporre con una certa malcelata soddisfazione il cellulare nella apposita custodia che era interpretata da un sacchetto della spesa di plastica trasparente, del formato di un tovagliolo. Lui, A., ha anche rivolto una domanda all’orante, una domanda generalissima e dolce, da vecchio amante. Ha chiesto di Eros, ma poi, chi avrebbe dovuto rispondere, ha risposto tutt’altro, non cadendo nella trappola.

La seconda parte della conferenza è stata bella e non mi sono interessato ad altro, ma purtroppo i personaggi d’interesse, quelli di eccezione, gli unici che avrebbero potuto rivolgere le domande giuste, se ne erano già andati via tutti. Io sono rimasto là pensando ai problemi di Nietzsche, a cui davvero non pensavo da anni, e al suo problema principale nel trovare giusti interlocutori. Che suppongo, come i caratteristi, se ne andavano sempre prima della seconda parte. “Giornate corte, giornate corte”.

9:5:2012

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