Consonanti: L.

Racconto di Altrove preso dalla raccolta “Consonanti”

L.

Stava andando a riprendere il suo motorino, lasciato circa due giorni prima in quella via di cui non ricordava il nome. Dico circa perchè non sai mai come contare i giorni quando li vivi di notte.. Lo aveva abbandonato da solo in quella strada. Era troppo sbronzo per guidarlo e per questo, in un momento di lucidità, decise di tornare a piedi. Adesso invece, a piedi e sobrio, un paio di giorni dopo, ripercorreva la stessa strada al contrario. E mentre camminava verso la meta prestabilita, tentava di ricordarsi chi, quella sera, gli avesse offerto da bere per sbronzarsi in quel modo. Proprio non se lo ricordava. Non che fosse una cosa importante, ma, diamine, non gli veniva proprio in mente. Raggiunse il suo bolide malconcio e sporco, nascosto in quella via di cui non ricordava il nome. E come poteva ricordarlo? c’era un altro nome che gli ricordava quella via. E quel nome non poteva essere sostituito con quello della via, perché, in quella via, ci abitava Elle.. Decise di chiamarla, dopo tanto tempo, per prendere un caffè insieme. Tirò fuori il cellulare e la chiamò. Trattenne il respiro e, stranamente, lei accettò. Lui Sorrise, e ci si sente un pò stupidi quando si sorride a un cellulare. Pazienza. Andò a suonare al suo portone, e aspettando quel suono strano che fanno i portoni quando da casa si schiaccia il pulsante del citofono, pensava a cosa avrebbe potuto dirle, o al fatto che sarebbe stato meglio non pensarci prima e lasciare che le cose avvenissero da sè.. La porta si aprì – Vabbè, ci sono ancora delle scale per pensarci – Si disse. Cercava un appiglio con la mente da dove poter iniziare la sua scalata verbale. Ma in quel momento, Elle, gli apparse davanti. In quegli attimi si smette di pensare e le uniche cose che si riesce a dire sono – Ciao, come stai? – Improvvisamente si ritrovò un corpo tra le braccia, quello di Elle, che lo stringeva sorridendo, sussurrandogli all’orecchio – Bene, e tu? –  Era vestita come chi ha deciso di rimanere tutto il giorno in casa, con tanto di pantofole. Ma era sempre lei, stupenda come una notte innevata.. Entrarono in casa con una sorta di imbarazzo, e senza dire niente, Elle, si diresse in cucina a preparare il caffè. Quella casa.. Era passato tanto tempo dall’ultima volta che c’era stato. Quello si che fu un giorno strano, uno di quei giorni in cui senti che c’è davvero qualcuno sopra di te che ti sta prendendo in giro. Ma che senso aveva pensarci ora? Aveva cose più importanti da fare adesso che lasciarsi andare alla nostalgia. Quindi raggiunse Elle in cucina, o in quella separazione della stanza che Elle si ostinava a chiamare cucina. Lei era di spalle che riempiva la moka con polvere marrone. La guardava da dietro, le guardava le spalle, e quel tatuaggio che mille volte aveva accarezzato mentre Elle dormiva. Avrebbe voluto stringerla a sè, appoggiare la fronte sulla sua nuca e baciarle il collo, strappargli via quel cucchiaino dalle mani e lasciarsi andare a tutta la sua passione, come era successo altre volte, in modo violento. Ma nulla di tutto questo successe.. Non voleva rovinare tutto come sempre, non voleva più soffrire. Non che non poterlo fare non lo facesse soffrire, anzi, ma in quel momento pensò a lei, alle sue di sofferenze..  Si mise allora a sedere in quella specie di salotto, aspettando il caffè e accendendosi una sigaretta. Sapeva che di solito si fuma dopo il caffè, ma non era il tipo che bada a queste abitudini borghesi. Tanto, dopo il caffè, se ne sarebbe comunque fumata un’altra. Nel frattempo, Elle, portò sul tavolo due tazzine, le solite di sempre, con dentro una modesta quantità di liquido nero, sedendosi di fronte a lui. Ancora non si erano detti quasi niente e il silenzio riempiva la stanza, portando alla luce tutti quei piccoli suoni che si sentono quando ti ritrovi da solo in una casa. Elle non era cambiata per niente. Caffè amaro, con un goccio di latte freddo. Gli occhi, sempre uguali. Verdi come fili d’erba intrecciati. Quegli occhi che aveva ricercato in ogni volto per un sacco di tempo. Quegli occhi impressi forse da sempre sullo sfondo nero dei suoi ricordi.. Stava di nuovo sprecando il suo tempo. Non sapeva esattamente per cosa, ma sentiva che lo stava sprecando. Allora prese coraggio e disse a Elle – Mi manca sai? – Cosa? – Rispose lei – Mi manca guardarti andare via, aspettando che ti giri un’ultima volta verso di me. Mi manca ballare con te e molestarti. Mi manca il profumo dei tuoi vestiti lasciati sul letto. Mi mancano le scopate nei bagni e i tuoi sussurri al mattino anche se faccio finta di dormire. Mi manca osservarti mentre ti prepari per uscire. Mi manca la vita.. – Elle non disse niente. Accennò solo un sorriso, che più che a lui sembrava diretto alla tazzina col caffè e un pò di latte dentro. Non erano mai stati bravi a parlarsi con le parole. Comunicavano col corpo, con gli sguardi, con i silenzi, perchè sapevano entrambi che le parole portano solo a dire altre parole.. Ma infine arrivarono, le parole. Piene della loro quotidianità. La famiglia, il lavoro, i progetti, i problemi, il mal di schiena, le pareti da imbiancare, l’autunno che finisce. Quanto tempo si mangiano, le parole. Passò un’ora, forse meno, quando decise di andare via da quella casa. Senza esplicitare niente, raccolse le sue cose dal divano letto in legno sul quale le aveva lasciate. Disse solo – Vado.. – ed Elle si alzò dalla sedia per abbracciarlo e dargli un bacio sulla guancia. Fu un abbraccio lungo, forse un pò forzato, forse il residuo di un qualcosa che era stato grande, ma che entrambi non riuscivano più a capire. Quell’abbraccio era come un simbolo che tutti e due riconoscevano, senza sapere più quale fosse il suo significato – Ti voglio bene – le disse, – Anche io, tanto.. – rispose Elle. La guardò negli occhi un’ultima volta, sicuro che quegli occhi non sarebbero più stati per lui. Ma sarebbero restati comunque gli occhi più belli nei quali riuscì ad entrare. Aprì la porta e se ne andò giù lungo le scale, giù lungo la via di cui non ricordava il nome. Raggiunse il suo motorino e partì verso casa. La mente vuota sotto un cielo nuvoloso. Ma per la strada, un unico pensiero gli passava per la testa: Chissà chi gli aveva offerto da bere quella sera..

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